Scuola di alpinismo Gian Piero Motti

CIMA DEL CAIRE AGNEL 2927

Giudizio di Luca, maggio 97: Gita veloce e lineare ma ricca di attrattive. L’accesso alla diga, vagamente oscuro e inquietante (specie di notte !); i grandi laghi; l’incontro ravvicinato con i numerosissimi camosci; il fascino pietroso e asciutto dei luoghi; la personalità della cima, graziosa nella sua timida verticalità; la vista dalla vetta, che spazia circolare fino al mare. Ma soprattutto, una discesa di prim’ordine, sia nel canale (40-45°), sia più in basso.

ACCESSO: Cuneo-Valdieri-Entracque-lago della Rovina 1535;

NB: la strada (asfaltata) di servizio della diga del Chiotas non è transitabile neppure a piedi nè in MTB; la strada è infatti interrotta da una galleria chiusa da un portone metallico con un lucchetto. Analogo portone chiude l’uscita a monte.

Salita (relazione Sergio-Luca, maggio 1997): arrivati in auto al lago della Rovina 1535, non lasciarsi tentare dalla comoda strada asfaltata che sale alla diga del Chiotas. Come detto, la strada è interrotta a quota 1850 ca. da una galleria sbarrata da un massiccio portone in ferro, chiuso da un grosso lucchetto. È giocoforza tornare indietro con la coda fra le gambe ! Fra l’altro, anche l’ingresso a monte è chiuso in modo analogo. 

Dal lago, occorre salire in direzione sud un ripido pendio coperto di arbusti, lungo evidenti tracce con bolli gialli. Nel tratto iniziale, è possibile che l’inizio del sentiero sia coperto di neve; prendendo come riferimento un traliccio della luce, in prossimità del quale si ritrova il sentiero, si può passare o sulla neve a sinistra, oppure su una scomoda pietraia a destra. Il tratto è comunque breve. In ogni caso, bisogna tenere sulla destra il canale di scolo che più in alto diventa difficile da attraversare.

Seguendo il ripido sentiero (in un paio di punti si trova una corda fissa) si giunge rapidamente ma faticosamente sulla più ampia mulattiera che parte dal lago, risalendo il pendio con lunghi traversi (45’).

Si prosegue quindi con un lungo traverso (tratti innevati, se ghiacciati fare attenzione) in direzione della diga fino ad incrociare la strada asfaltata in prossimità di un tornante. Seguitala per qualche decina di metri, poco prima di un’altra galleria si risale a sinistra un ripido pendio (innevato) in direzione di un colletto che si affaccia sulla diga del Chiotas. Si costeggia quindi la sponda sinistra del lago raggiungendo con un ampio semicerchio il rifugio, visibile già dal colletto; è possibile seguire la mulattiera che si mantiene più alta sulle rive (qualche saliscendi e un lungo traverso), oppure, se il livello dell’acqua lo consente, una traccia più bassa che segue la riva (alternativa senza dubbio più breve). In vista del rifugio, si attraversa su un ponticello di legno (oggi invisibile) un piccolo torrente immissario del lago: attenzione a non sprofondare se la neve è molle!

Il luogo su cui sorge il rifugio è suggestivo: il grande lago più in basso, con le luci della casetta dei guardiani e della diga; l’altro laghetto poco più a monte, e la corona di belle, selvagge vette tutt’intorno. Spicca l’Argentera, ma anche la cima di Brocan non è male. Intorno al rifugio è facile incontrare camosci o stambecchi: poco prima dell’alba, uscendo dal rifugio ho un incontro ravvicinato.

La costruzione del rifugio è carina, ma il locale invernale non è confortevole: squallido, senza stufa, molto umido. C’è però l’acqua corrente (occorre aprire le saracinesche poste sotto al lavandino) e, ovviamente, abbondanti coperte. Non c’è assolutamente null’altro su cui contare: niente gas (anche se c’è il fornello), candele, carta, ecc.

È possibile lasciare il materiale superfluo al rifugio; al ritorno si deve necessariamente ripassare da lì.

Dal rifugio si costeggia sul lato destro (ovest) il lago Brocan fino alla sua estremità nord (sentiero). Non lasciarsi tentare dal più corto lato sinistro (est) perchè occorrerebbe aggirare, con laboriosa risalita, delle roccette a filo dell’acqua.

Superato il lago, risalire un ripido pendio in direzione sud; è possibile seguire un valloncello lungo la massima pendenza (percorso direttissimo ma decisamente più ripido, migliore per la discesa), oppure piegare leggermente a destra su pendii meno ripidi, per ritornare poi verso sinistra a q.2400 ca. portandosi sull’erto filo di un’esile morena.

Scavalcata la morena, si giunge a un ampia conca da cui sono evidenti la vetta e il canale di salita e l’eventuale via alternativa che sale in cresta sulla destra della vetta . Risalito il canale (pendenza max. 40-45°) fino a un colletto immediatamente a nord della vetta, si piega a destra (sud) e in pochi minuti, per elementari roccette, si giunge alla rocciosa e panoramica vetta. Un muretto di pietre alto mezzo metro offre un modesto riparo dal vento. Panorama estesissimo a 360°; secondo Sergio (e c’è da credergli) si vede il promontorio di Montecarlo, e solo la lieve foschia impedisce di vedere addirittura il mare ! Visibile anche l’itinerario alternativo descritto dalla relazione del CDA, che da un colletto a ovest della vetta (accessibile dal bacino sotto il canale) traversa sotto la parete sud (elementare pendio di sfasciumi, solo parzialmente innevato), per risalire poi il facile pendio est (innevato) e ricongiungersi sul colletto al nostro itinerario. Nel complesso, questo itinerario sembra meno interessante e più dispendioso, anche perchè il pendio sud non è completamente innevato.

Per la discesa, si segue l’itinerario di salita; dalla base del canale (pochi minuti con gli sci, altrimenti calcolare almeno 1 h.) conviene continuare lungo la massima pendenza nel valloncello che arriva diritto sul lago, offrendo una pendenza ideale.

Dopo la diga bisogna seguire la mulattiera di salita; molto più in basso inizia una lingua di neve di un centinaio di metri che arriva fino al lago: troppo pochi per rimettere gli sci.

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